Insalatine miste per la festa di Beltane

P1050516.JPGIn questo periodo abbondano piante buone per farci l’insalata, come le primule, il tarassaco, gli spinaci selvatici (il Buon Enrico), le ortiche, e l’acetosa. Nella foto un’insalata mista, fatta anche con i capperi del tarassaco, cioè i boccioli dei fiori ancora chiusi, tenerissimi. Le nuove foglioline e i germogli sono tenerissimi, e questo è il periodo giusto per gustarne a volontà!

A proposito, dal 4 al 6 maggio al Parco arcobaleno di Masserano a Biella (fraz. Cacciano) ci sarà la festa di Beltane, noi sicuramente ci saremo, molto probabilmente il sabato o la domenica, venite anche voi! Beltane, il fuoco luminoso che da avvio alla primavera, e speriamo!

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Lunaria

DSC00855.JPGQuesta bellissima pianta appartiene alla famiglia delle Brassicacee, la stessa dei cavoli per intenderci, e infatti i fiori di color porpora assomigliano molto a quelli del cavolo cappuccio, anche se più grandi ed elaborati.
Pare che il nome Lunaria non sia dovuto alla somiglianza dei suoi frutti al nostro satellite, bensì derivi dagli alchimisti che ritenevano questa pianta in grado di tramutare il mercurio (chiamato luna) in argento.
Sembrerebbe una pianta annuale o biennale, invece dovrebbe essere perenne, ma probabilmente dipende dalla varietà.
E’ tutta commestibile, foglie e radici (queste ultime sono più tenere prima della fioritura) si possono consumare bollite o in insalata; con i semi si può preparare una salsa simile alla senape.
Per ulteriori dettagli, anche sull’uso medicinale, rimando all’ottima scheda del sito funghiitaliani.it .

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Grano saraceno

800px-Fagopyrum_esculentum_seed_001.jpgIl grano sareceno, nome scientifico Fagopyrum esculentum, è una pianta annuale che viene erroneamente considerata dai più com un cereale (Graminacee), in realtà è della famiglia delle Polygonaceae (come il Rabarbaro e le acetose, ad esempio, con le quali condivide anche le foglie lanceolate e senza gambo). Il frutto ha un elevato valore nutritivo, in quanto contiene tutte le 8 proteine fondamentali (cioè quelle che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare) compresa la lisina, che in genere nei cereali è assente o scarsa.
L’etimologia del nome deriva dal latino fagus (faggio) e piròs (frumento), in quanto i frutti somigliano vagamente a quelli del faggio, le faggette; tutte le Polygonacee hanno semi squadrati con più spigoli, da cui appunto il nome.
E’ una pianta estremamente rustica e resistente al freddo, adatta ad un clima temperato fresco o montano; la sua origine sembra sia nella zona Himalayana orientale, ma cresce spontanea anche in Mongolia e in siberia orientale; il termine saraceno sembra sia dovuto alla popolazione che lo ha importato in italia.
E’ possibile consumare il frutto bollito o tostato (un po’ come l’orzo, ad esempio) oppure macinarlo per ottenere farina, con la quale si può preparare il pane o la pasta.
La raccolta si esegue quando i frutti cominciano ad assumere una colorazione scura, dopodichè si lasciano seccare sul campo o al sole per 10-20 giorni, in modo che i semi maturino completamente, poi si esegue la trbbiatura. Un ettaro di coltivazione può produrre fino a 20 quintali di frutti e quasi il doppio di fieno; può essere utilizzata anche solo per produrre fieno, in questo caso la raccolta si effettua poco dopo l’inizio della fioritura. Inoltre nei terreni poco fertili può essere usata come pianta da sovescio, al pari dei legumi.

Cicoria

dsc00258.jpgLa Cicoria (Cichorium intybus) è un tipo di insalata molto conosciuto e apprezzato, di cui si possono consumare le foglie fresche in insalata o bollite, le radici e i fiori. Il suo pregio maggiore è quello di essere una pianta perenne a ciclo biennale, cioè la radice continuerà a rigettare ogni anno, generando rosette di foglie il primo anno e poi lo stelo fiorale il secondo; è una pianta rustica, che si adatta bene a qualsiasi condizione climatica.
Ha delle proprietà importanti, conosciute e apprezzate dall’antichità, è un’erba amara, quindi favorisce la digestione e aiuta il fegato, e inoltre è: diuretica, leggermente lassativa, stomachica, antinfiammatoria, febbrifuga, tonica ( per fegato e cistifellea) e depurativa. La radice, seccata e tostata, può essere usata ed è stata parecchio usata in passato, come succedaneo del caffè (caffè olandese). In Germania era nota come erba del sole o del solstizio (sponsa solis, sposa del sole), forse perchè fiorisce intorno al periodo d’inizio estate o poco dopo.
Un piatto tradizionale e antico sono le Puntarelle, fatto con gli scapi fiorali appena spuntati, tagliati e messi in acqua fredda per farli arricciare, scolate e condite con olio, aglio e volendo alici e sale, il tutto pestato in un mortaio a formare una crema.

Romice scudato, acetosa

Rumex_scutatus2.jpgE’ un tipo di acetosa, anzi il nome proprio è rumex scutatus o romice scudato per le sue foglie a forma di scudo, inconfondibili. Parente del Romice, ce ne sono tantissime varietà, ma tutte più o meno hanno le stesse proprietà.
Le foglie si usano in cucina in modo molto simile agli spinaci, quindi leggermente bollite con poca acqua o in insalata. Questa particolare varietà ha un gusto particolarmente buono e delicato, leggermente acidulo e rinfrescante, sembra quasi contenere aceto (come tutte le acetose, da cui il nome appunto); le foglie si possono consumare crude, così come sono.
E’ importante notare che questa pianta contiene una discretà quantità di acido ossalico, così come lo spinacio e il rabarbaro, che in forti quantità può risultare dannoso per il fegato. Quindi attenzione a non esagerare, e questo vale anche per gli spinaci e tutti i tipi di romice. Sconsigliato per chi ha subìto fratture, in quanto l’acido ossalico rallenta l’assorbimento del calcio; sconsigliato anche per chi soffre in generale di fegato o gotta, reumatismi o artriti.
Tuttavia non lasciatevi spaventare, il nostro fisico è perfettamente in grado di gestire questa sostanza, così come avviene per le solanacee (patate, melanzane, pomodori etc), anche perchè le sue proprietà sono di tutto rispetto: erba acida, antiscorbutica, astringente, rinfrescante, depurativa, diuretica, lassativa.
Contiene vitamina C e ferro, ossalato di potassio e il già citato acido ossalico. Il succo può essere efficacemente impiegato per togliere la ruggine, la muffa e le macchie d’inchiostro su tessuti di lino, lana, argento e vimini.

Rafano

ramolaccio1.jpgIl rafano (Amoracia Rusticana) è una pianta perenne della famiglia delle Brassicaceae (o Crucifereae), altamente infestante, in cui la parte più usata è la grossa radice, da raccogliere già il primo anno di coltivazione oppure il secondo, in autunno. Conosciuto anche come ramolaccio, cren, barbaforte o rusticano, in inglese horse radish, radice dei cavalli. Ha delle proprietà eccezionali: eupeptica, digestiva, antiscorbutica, diuretica, utile nelle forme reumatiche con circolazione compromessa, antisettica urinaria, antisettica polmonare, espettorante, bechico, antianemico.
La radice si presenta esternamente di colore marroncino, all’interno di colore chiaro; nella foto la varietà nera, più rustica e per alcuni anche più gustoso.
Si può consumare crudo (ad esempio tagliato a carpaccio e condito) o bollito, grattuggiato (sul lesso o sui legumi) o in insalata, sott’oilo o sotto aceto, e apporta una discreta quantità di proteine, soprattutto se consumato crudo. Per il consumo, si deve presentare sodo e rigido, altrimenti bisogna eliminare le parti molli. Il sapore è simile a quello della senape, abbastanza piccante e saporito.
Ha origine nell’europa orientale e in asia minore, preferisce un clima temperato fresco e si adatta a qualunque terreno, anche in zone ombreggiate, si può seminare a fine primavera, ma attenzione perchè è molto infestante; non va consociato con i cavoli o con altre brassicacee.
E’ sempre stato usato nella cura della tosse, lasciato a macerare nel miele, e tra le sue tante proprietà stimola la digestione, protegge il fegato e l’intestino, è un discreto antibiotico (per l’olio piccante che contiene) e depurativo, è ricostituente e antiscorbuto (grazie a buone quantità di sali minerali e vitamina C).
Assolutamente da provare!

Enotera (Rapunzia)

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Parlo di questa pianta molto interessante, avendone trovato un esemplare spontaneo nei pressi dell’orto. Per fortuna non l’ho sfalciato (a volte la pigrizia…) e ne ho notato i fiori stupendi, evidentemente il secondo anno, visto che è una pianta biennale che il primo anno fa una rosetta di foglie vicina al terreno. Dai fiori appunto, e dalla caratteristica di avere le foglie direttamente attaccate al fusto, senza rami secondari, l’ho riconosciuta facilmente.
Il nome Enotera, determinato da Linneo, deriva dalle radici greche oinos (vino) e thèra (desiderio); avendo assaggiato la radice bollita, effettivamente assume il colore rosso del vino e ne ha il retrogusto, oltre ad avere sapore ottimo e delicato.
Alcuni vecchi proverbi tedeschi, anche se non sono riuscito a trovarne le fonti nè spiegazioni più esaurienti, affermano che mezzo chilo di radici di enotera regalano tanta energia quanta quella di mezzo quintale di carne di bue.

L’Enotera (Oenotera biennis L.) è una pianta nota con una miriade di nomi; e detta anche Rapunzia, Enagra o Onagra, erba vitellina o prosciutto dei giardinieri, forse per l’uso culinario che si faceva dei giovani germogli e delle tenere radici, che erano consumate in insalata, mentre le radici più grandi e mature erano consumate cotte. Della famiglia delle Onagraceae, dell’ordine dei Myrtales, e originaria dell’America del nord e pare abbia fatto il suo primo apparire in Italia, in un giardino di Padova, nei primi anni del 1600. Ben acclimatatasi nel nostro paese, di qui si è poi diffusa in tutta Europa, ad oggi da ritenersi spontanea e infestante. Altre fonti ritengono che l’origine di questa pianta sia da far risalire a molto tempo prima; si dice infatti che il filosofo greco Teofrasto (800 a. C.) raccomandasse una pozione a base di estratti di enotera per dissipare gli effetti del vino. Pare che il suggerimento del nostro buon filosofo non fosse per nulla peregrino se, nel 1982 alcuni ricercatori inglesi condussero uno studio al fine di dimostrare la validità dell’olio di questa pianta nel combattere l’alcoolismo. L’enotera si presenta con fusto eretto, poco ramificato, con foglie alterne. I fiori gialli, a forma di imbuto, sono retti da lunghi steli; si aprono la sera. Per questa singolare particolarità, i fiori di questa pianta sono noti anche con la de- nominazione di ”stelle della sera” (per gli anglosassoni la denominazione della pianta è la ben nota evening primrose). Del polline dei fiori dell’enotera vanno ghiotte le api e, soprattutto, le farfalle notturne. E’ caratterizzata dall’avere una radice rossastra, carnosa, assai saporita e nutriente che può consumarsi come una comune scorzonera (barba di becco). L’enotera è nota anche come pianta ornamentale, dato il suo bellissimo aspetto. Presenta numerose proprietà medicamentose e per questo è stata spesso utilizzata nella medicina popolare tradizionale. Dalla sua radice si preparano pozioni contro spasmi e disordini dello stomaco, contro enteriti e gastroenteriti ed in genere contro disturbi collegati ad una scarsa funzionalita epatica. Dalle sommità fiorite della pianta si preparano invece decotti per uso interno cui si ascrivono proprietà sedative della tosse e pertosse. I semi, spremuti ad olio, sono uno dei pochi prodotti vegetali, insieme alla Borragine, che forniscono l’acido gamma-linolenico (GLA), dalla cui trasformazione derivano altri acidi grassi essenziali, le prostaglandine della serie 1, ad attività antinfiammatoria e immunomodulante, fondamentali per il buon funzionamento dell’organismo.
Per uso esterno, funzioni emollienti ed antinfiammatorie. Nelle sommita fiorite della pianta si ritrovano flavonoidi, mucillagini, tannini. Il frutto accoglie una capsula a quattro sezioni che contiene un centinaio di piccoli semi.