Iperico Perforato

hypericum-perforatum-0235.jpgProrpietà: vasoprotettore, cicatrizzante, antidepressive, vasodilatatore, sedative, ipotensive e antinfiammatorie, antivirali, antieritematose, stimolanti.

L’Hypericum Perforatum è una pianta perenne che può raggiungere gli 80 cm di altezza, e cresce nei prati soleggiati e asciutti.
Sembra provenire dall’arcipelago britannico, ed oggi è diffusa in tutta italia, dalle pianure alle valli montane.
Prende anche il nome di erba di San Giovanni un po’ perchè l’apice della fioritura (a seconda della zona) si raggiunge il giorno omonimo del solstizio d’estate (21 giugno) e poi perchè nel medioevo era molto utilizzata dai crociati dell’ordine di San Giovanni per curare le ferite e le abrasioni profonde, in base al principio della somiglianza, molto usato nell’antichità, secondo il quale si usavano erbe dalla forma o con alcuni particolari che richiamavano la malattia o le ferite da curare. In questo caso, osservando in controluce le foglioline dell’Iperico, si notano tanti piccoli fori (in realtà sono piccole condensazioni di olio) che assomigliano a ferite da freccia o da perforazione (da cui l’aggettivo Perforatum).
Contiene pigmento giallo e rosso.

Dal punto di vista medicinale, ha una quantità impressionante di proprietà, molte delle quali sono ancora in fase di approfondimento con test di laboratorio, da parte della ‘moderna’ farmacologia, che stanno confermando tutte le credenze popolari del passato. Principalmente è un antidepressivo e antivirale privo di effetti collaterali.
Inoltre può curare: isteria, depressione, stati maniacali, febbri intermittenti, dissenteria, renella (sabbia nei reni), emorragie, vermi, bronchiti. E’ sempre stato particolarmente apprezzato come rimedio per bruciature e ferite, sia per uso interno che esterno. Un vino all’Iperico, ottenuto macerando nel vino 30-50 grammi di sommità fiorite per una decina di giorni, è ritenuto utile in caso di affezioni dell’apparato respiratorio. Poiché due dei suoi componenti, l’hypericina e la pseudohypericina, hanno manifestato una forte attività antiretrovirale, priva di seri effetti collaterali, sono in corso ricerche per verificarne l’efficacia nel trattamento dell’AIDS. Ugualmente ne è allo studio l’efficacia terapeutica per varie forme di tumore, per alcune malattie della pelle fra cui la psoriasi, per l’artrite reumatoide, l’ulcera peptica, l’Alzheimer e persino per i postumi dell’ubriachezza.

L’olio di iperico, o di S. Giovanni, è efficace contro scottature, prurito, piaghe, infezioni, ferite. Viene assunto come antidepressivo, sedativo, insonnia.
Ricetta: preparare i fiori e i boccioli delle piante fiorite (fine giugno) mantenendo anche parte del gambo, successivamente inserire il tutto all’interno di vasetti ricoprendoli con olio, meglio se extravergine di oliva, mettere a riposare per 30 giorni al sole ritirandolo la notte. L’olio assorbirà il colore dell’iperico diventando rosso. Travasare l’olio filtrando e comprimendo i fiori. Conservare al buio (i principi attivi dell’olio sono altamente fotosensibili, danneggiandosi alla luce).

Dal punto di vista alimentare, la pianta ed il frutto possono essere utilizzati come sostituto del the, ed I fiori per fare l’Idromele.

L’Iperico è ben presente nel folklore e nelle leggende di molti paesi: da sempre associato a talismani ed amuleti protettivi contro il demonio e le stregonerie è protagonista di molte pratiche magiche. Per esempio si dice che raccoglierne la radice la mattina del primo maggio porti a fortunato compimento tutte le imprese che da quel momento si intraprendono. La pianta appesa sopra lo stipite della porta, sempre il primo maggio, protegge la casa dagli spiriti. Raccolta nella notte di S. Giovanni ( la notte delle streghe ) da raccoglitori nudi avrebbe la proprietà di poter essere utilizzata in incantesimi, per conferire la fertilità. Nel nome popolare è legata a S Giovanni Battista e non solo nel nostro paese: in inglese si chiama St. John’s Wort. Secondo una delle tante leggende che ne danno motivo il suo stretto legame con il Santo si riferisce al fatto che, strofinando le foglie tra le dita, ne fuoriesce un liquido che le colora di rosso: questo succo è chiamato appunto “sangue di san Giovanni”.

Garofanino di montagna

IMG0103.jpgProprietà: emollienti, astringenti, antinfiammatorie, febbrifughe.

Chiamato anche Epilobio montano, è una pianta perenne che cresce nelle zone collinari e montane umide ma soleggiate, assomiglia molto al garofano comune ma ha dimensioni più ridotte (30-80 cm) e fiori rosa, che si chiudono nelle giornate nuvolose e si riaprono con il sole; fiorisce da fine maggio ad agosto, a seconda dell’altitudine e dell’esposizione al sole.
Contiene lo stesso principio attivo presente nei chiodi di garofano, anche se in quantità leggermente inferiore, che ha una forte azione antisettica, disinfettante e fabbrifuga.
Si usano foglie, fiori e frutti (simili apputi ai chiodi di garofano) sia freschi che essiccati all’ombra in tisana, oppure il decotto di radice essiccata al sole.

Ortica

ortica.jpgProrpietà: antidiarroiche, diuretiche, cardiotoniche, antianemiche.

Pianta perenne e infestante, può raggiungere l’altezza di due metri e predilige luoghi umidi.
E’ ottima da consumare dopo una leggera bollitura, da sola o nei risotti; io la mangio spesso, soprattutto in questo periodo in cui le giovani piante, dal colore verde vivo, hanno già raggiunto una discreta dimensione.
E’ necessario farla bollire in acqua (bastano 5 minuti) per eliminare la sostanza urticante (da cui il nome della pianta) che secernono le sue foglie; l’acqua di bollitura poi si può usare per innaffiare le piante in giardino o nell’orto, ha un effetto rimineralizzante e contribuisce a tenere lontano insetti dannosi, quali gli afidi. Per il consumo, conviene coglierla prima della fioritura, altrimenti tutte le sostanze nutritive si perderebbero nei fiori e nei semi.
Contiene vitamina C, azoto e ferro, ed ha proprietà medicinali superlative.
In passato veniva battuta e sfibrata per produrre fili per tessere simili a quelli della canapa o del lino; veniva usata anche per tingere i tessuti, vista l’eccezionale quantità di clorofilla che contengono le foglie: queste tingono di verde, mentre le radici di giallo.

Tarassaco

taras.jpgProprietà: coleretico, colagogo, amaro, tonico.

Con le foglie del Tarassaco si può fare un’ottima insalata, dal sapore leggermente amarognolo, che favorisce la digestione.
La radice, raccolta prima o dopo la fioritura (quindi a fine inverno o in autunno), è utile in generale per la digestione favorendo la produzione di bile del fegato (che concorre appunto nella digestione).
E’ utile quindi per depurare l’organismo, stimolare la funzione del fegato, dei reni e dell’intestino.
Il soprannome, dente di leone, deriva dalla forma frastagliata e dentellata delle foglie.
E’ una pianta perenne, nel senso che le radici continuano a rigettare tutti gli anni nuovi fusti; inoltre genera tantissimi semi, i famosi soffioni, con cui i bimbi si divertono a giocare.

Atreplice

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Proprietà: Diuretico, lassativo, rinfrescante.

L’Atreplice è una pianta erbacea annuale, della famiglia delle Chenopodiacee; volgarmente è uno spinacio selvatico.
Sembra essere una pianta rustica e infestante, adattabile ai luoghi freschi di collina e montagna.
Si presenta in due varietà, rossa e verde; quest’anno proverò a seminare la prima, facendo l’esperimento di spargere qualche piantina anche fuori dall’orto, sperando che svolga la sua azione infestante nei prossimi anni.
Dal punto di vista nutrizionale, non ho trovato informazioni certe, ma sembra che sia leggermente inferiore al suo parente spinacio, con il quale tra l’altro non si può incrociare, anche se la cosa è compensata dalla maggior produttività (la pianta può raggiungere anche i due metri di altezza).
Ne ho trovato un curioso riferimento nel trattato medievale De Flore Dietarum (attribuito all’illustre medico cartaginese venuto a Salerno nel 1077 e monacatosi poi a Montecassino) che cito:
“L’atreplice è fredda in secondo grado ed umida in primo, nutre poco, la sua linfa infatti è acquosa
e rapidamente viene espulsa, tuttavia giova a quelli che sono di temperamento caldo ed asciutto”

Questo trattato usa la classificazione basata su vari gradi di caldo/freddo e umido/asciutto, ovvero sui quattro elementi alchemici (o umori), in uso ancora oggi presso alcune scuole di erboristeria tradizionale.
Il principio è simile a quello moderno, lo squilibrio elettrochimico che causa la malattia è classificato come squilibrio degli umori che costituiscono il corpo, in maniera forse ancora più intuitiva.
Nel trattato Atreplice è sinonimo di Blita o Blito, termine ancora oggi usato nel sud Italia; pubblico il trattato per intero qui.

Rosa canina

Proprietà: vitaminizzante, antiinfiammatoria, anitallergenica, diuretica, astringente.

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Nel dettaglio, è utile per ottimizzare la circolazione del sangue e per i soggetti allergici, stimola le difese immunitarie a livello respiratorio, aiutando a combattere qualsiasi tipo di infezione, dal raffreddore all’influenza, alle malattie virali.
Stimola la eliminazione delle tossine tramite l’urina senza irritare i reni. Raccomandata anche per infiammazion dei reni o della vescica. Eliminado le accumulazioni di acido urico, aiuta anche la gotta e i reumatismi.
Grazie alla presenza di tannini, sostanze che hanno proprietà astringenti, risulta efficace nella cura delle diarree.
E’ un eccellente tonico per l’esaurimento e la stanchezza, aiuta a sconfiggere lo stress, e per questo è indicata nelle convalescenze.
È un ottimo antiossidante, esplicando un’azione antitossica e antinquinamento. La Vitamina C è la vitamina purificatrice e disintossicante.

Oltre all’azione disintossicante, ha un forte effetto sulla qualità del sangue, accrescendo l’assorbimento del ferro nell’intestino, equilibrando il livello di colesterolo e contribuendo alla produzione di emoglobina; inoltre rende attiva la vitamina B9 (acido folico) ed ha un leggero effetto antistaminico.
Secondo il premio Nobel Linus Pauling, assunta in forti dosi, previene e combatte, in caso di malattia, la crescita cancerogena.

I piccoli frutti della Rosa Canina, pianta selvatica dei boschi europei e dell’America tropicale, risultano essere le “sorgenti naturali” più concentrate in Vitamina C, presente in quantità fino a 50-100 volte superiore rispetto agli agrumi tradizionali (arance e limoni) e per questo in grado di contribuire al rafforzamento delle difese naturali dell’organismo. (100 grammi di cinorrodonti contengono la stessa quantità di vitamina C o acido ascorbico contenuta in 1 chilo di agrumi). I Bioflavonoidi, presenti nelle polpa e nella buccia di numerosi frutti, esercitano un’azione sinergica alla Vitamina C, favorendone l’assorbimento da parte dell’organismo.

Poiché la vitamina C (conosciuta anche con il nome di acido ascorbico) non può essere sintetizzata direttamente dall’uomo ( a differenza di quanto avviene per gli altri animali) essa deve essere introdotta o con gli alimenti, se la dieta è buona ed equilibrata, o con l’integratore alimentare, nei casi in cui l’alimentazione è carente di vitamina C, come normalmente succede. (Lo stile di vita occidentale, l’inquinamento industriale, l’influsso di apparecchi elettronici e il fumo di sigarette sono tutti fattori che aumentano il nostro fabbisogno di vitamina C per cui una integrazione è praticamente necessaria nella vita anche del più salutista di noi!).

Quando andate a fare delle passeggiate e incontrate i cespugli di rosa canina ricchi di cinarrodi, raccoglietene un po’. Potrete mangiarli sul posto, spremendo quelli più morbidi come se fosse dentifricio e avendo l’accortezza di trattenere i “semini” (che possono irritare le pareti dell’intestino). Oppure, una volta a casa, si possono essiccare e quindi utilizzarli per fare dei macerati ricchi di vitamina C (basta mettere a bagno in acqua tiepida alcuni cinarrodi precedentemente spezzettati, e lasciarli per alcune ore : in questo modo si evita di rovinare la vitamina C, che si denatura facilmente con le alte temperature e a contatto con l’aria). Si usano anche per fare marmellate, gelatine e composte.

Nel 18° secolo si usava produrre una purea a partire dai frutti (cinarrodi).

ALCUNE RICETTE

BEVANDA RINFRESCANTE ALLA ROSA SELVATICA
Fate macerare per un giorno in acqua tiepida i petali di 10 rose, quindi colate il liquido trattenendo i petali e aggiungete il succo di un limone e di un’arancia, qualche cubetto di ananas e alcuni cucchiaini di miele. Mettete il tutto in frigo e servite freddo.
MARMELLATA DI CINARRODI DI ROSA
Cuocete in acqua bollente 200 grammi di cinarrodi finchè non diventano molli, quindi passarteli al setaccio e unire 200 grammi di zucchero. Rimettete sul fuoco e cuocete adagio, mescolando di continuo, fino a raggiungere la giusta consistenza.

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Farfaraccio

Proprietà: sedativo, astringente, vulnerario, diuretico, emmenagoga, bechica, ipnotica.

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L’infuso di foglie è estremamente efficace contro emicranie, asma, allergie, tosse e disturbi all’apparato respiratorio.
E’ sconsigliato abusarne, non superando le 2/3 tazze al giorno per non più di tre o quattro settimane all’anno.
I gambi carnosi e sodi delle giovani foglie (piccioli) si possono consumare lessati ed eventualmente mescolati con bietole, oppure al pari degli asparagi.
Un tempo il burro veniva conservato avvolto nelle sue foglie.
Ne esistono due varietà, il farfaraccio comune (vedi foto in alto) e il farfaraccio bianco, che cresce soprattutto in zone montane, ai bordi di boschi umidi; quest’ultimo è una delle prime piante a fiorire, allo sciogliersi della neve, da marzo a maggio.
Si raccoglie durante la fioritura, e si lascia seccare all’ombra oppure si usa fresca; da evitare per chi soffre di disturbi al fegato o durante la gravidanza.

Il farfaraccio (Tussilago petasites) è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle composite. La droga contiene derivati sesquiterpenici quali petasina ed isopetasina, prodotti a base di zolfo, alcaloidi pirrolozidinici, flavonoidi, acido protocatechico, colina, cloruro di potassio, inulina, sinantrina, eliantenina, potassio, calcio e manganese.
Gli estratti di farfaraccio sono stati utilizzati nella medicina popolare per curare la rinite allergica (febbre da fieno), l’asma, l’emicrania, i disturbi del tratto uro-genitale, del tratto gastro-intestinale e della colecisti, oltre che come spasmolitici.
Il Farfaraccio è una pianta nota per la cura della tosse e contro l’eccitazione nervosa e l’insonnia.

Gli effetti farmacologici del farfaraccio sono dovuti ai suoi costituenti principali: la petasina e l’isopetasina, due potenti agenti vasodilatatori la cui attività in vitro si è dimostrata simile a quella della papaverina. Tali sostanze sembrano inoltre capaci di inibire la sintesi di leucotrieni responsabili del processo infiammatorio che sta alla base dell’emicrania. Inoltre il farfaraccio, inibendo il rilascio di istamina, allevia la congestione nasale ed ha pertanto trovato applicazione nel trattamento della rinite allergica e dell’asma.
Ciò detto, desideriamo sottolineare alcuni aspetti di sicurezza che riguardano l’uso di questa e di molte altre erbe a scopo terapeutico.

Si ritiene infine importante sottolineare che, essendo tale droga potenzialmente epatotossica (a causa degli alcaloidi), è necessario effettuare un ‘adeguata anamnesi farmacologica dei pazienti prima di consigliarne l’uso, in modo da evitarne la possibile somministrazione contemporanea con altri farmaci in grado di causare disturbi a carico del fegato.

Parzialmente tratto da: farmacovigilanza

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