Enotera (Rapunzia)

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Parlo di questa pianta molto interessante, avendone trovato un esemplare spontaneo nei pressi dell’orto. Per fortuna non l’ho sfalciato (a volte la pigrizia…) e ne ho notato i fiori stupendi, evidentemente il secondo anno, visto che è una pianta biennale che il primo anno fa una rosetta di foglie vicina al terreno. Dai fiori appunto, e dalla caratteristica di avere le foglie direttamente attaccate al fusto, senza rami secondari, l’ho riconosciuta facilmente.
Il nome Enotera, determinato da Linneo, deriva dalle radici greche oinos (vino) e thèra (desiderio); avendo assaggiato la radice bollita, effettivamente assume il colore rosso del vino e ne ha il retrogusto, oltre ad avere sapore ottimo e delicato.
Alcuni vecchi proverbi tedeschi, anche se non sono riuscito a trovarne le fonti nè spiegazioni più esaurienti, affermano che mezzo chilo di radici di enotera regalano tanta energia quanta quella di mezzo quintale di carne di bue.

L’Enotera (Oenotera biennis L.) è una pianta nota con una miriade di nomi; e detta anche Rapunzia, Enagra o Onagra, erba vitellina o prosciutto dei giardinieri, forse per l’uso culinario che si faceva dei giovani germogli e delle tenere radici, che erano consumate in insalata, mentre le radici più grandi e mature erano consumate cotte. Della famiglia delle Onagraceae, dell’ordine dei Myrtales, e originaria dell’America del nord e pare abbia fatto il suo primo apparire in Italia, in un giardino di Padova, nei primi anni del 1600. Ben acclimatatasi nel nostro paese, di qui si è poi diffusa in tutta Europa, ad oggi da ritenersi spontanea e infestante. Altre fonti ritengono che l’origine di questa pianta sia da far risalire a molto tempo prima; si dice infatti che il filosofo greco Teofrasto (800 a. C.) raccomandasse una pozione a base di estratti di enotera per dissipare gli effetti del vino. Pare che il suggerimento del nostro buon filosofo non fosse per nulla peregrino se, nel 1982 alcuni ricercatori inglesi condussero uno studio al fine di dimostrare la validità dell’olio di questa pianta nel combattere l’alcoolismo. L’enotera si presenta con fusto eretto, poco ramificato, con foglie alterne. I fiori gialli, a forma di imbuto, sono retti da lunghi steli; si aprono la sera. Per questa singolare particolarità, i fiori di questa pianta sono noti anche con la de- nominazione di ”stelle della sera” (per gli anglosassoni la denominazione della pianta è la ben nota evening primrose). Del polline dei fiori dell’enotera vanno ghiotte le api e, soprattutto, le farfalle notturne. E’ caratterizzata dall’avere una radice rossastra, carnosa, assai saporita e nutriente che può consumarsi come una comune scorzonera (barba di becco). L’enotera è nota anche come pianta ornamentale, dato il suo bellissimo aspetto. Presenta numerose proprietà medicamentose e per questo è stata spesso utilizzata nella medicina popolare tradizionale. Dalla sua radice si preparano pozioni contro spasmi e disordini dello stomaco, contro enteriti e gastroenteriti ed in genere contro disturbi collegati ad una scarsa funzionalita epatica. Dalle sommità fiorite della pianta si preparano invece decotti per uso interno cui si ascrivono proprietà sedative della tosse e pertosse. I semi, spremuti ad olio, sono uno dei pochi prodotti vegetali, insieme alla Borragine, che forniscono l’acido gamma-linolenico (GLA), dalla cui trasformazione derivano altri acidi grassi essenziali, le prostaglandine della serie 1, ad attività antinfiammatoria e immunomodulante, fondamentali per il buon funzionamento dell’organismo.
Per uso esterno, funzioni emollienti ed antinfiammatorie. Nelle sommita fiorite della pianta si ritrovano flavonoidi, mucillagini, tannini. Il frutto accoglie una capsula a quattro sezioni che contiene un centinaio di piccoli semi.