L’oroscopo Walser di Macugnaga

189678.JPGMolte leggende walser trattano di occulto, di segnali dall’aldilà o di anime erranti, e come tutti, anche i walser macugnaghesi avrebbero voluto conoscere con anticipo il loro futuro, per questo avevano messo a punto un gioco divertente dal nome tanto difficile quanto misterioso “z’luoscu”, tradotto in italiano significa “scegliere” ed era appunto quello che facevano riuniti nella “stube” – z’hangert – la vigilia dell’Epifania, prima che il turismo modificasse i ritmi della loro quieta esistenza.

I testimoni che ancora raccontano di quell’esperienza sono ormai pochi ed ogn’uno di loro  ha dei ricordi forse troppo lontani, perché possano collimare del tutto, così siamo a conoscenza di tre versioni che comunque non discordano tanto una dall’altra. Anche il significato dato agli oggetti “misteriosi” non sempre è lo stesso, ma la sostanza del “gioco” non cambia.

Una prima versione, forse la più antica e casalinga, racconta che sul tavolo della “stube” venivano disposti in cerchio 12 piatti  rovesciati e sotto a ciascun piatto veniva messo un oggetto. La persona che desiderava farsi predire il futuro, entrava nella “stube” e scopriva tre piatti a scelta, ogni oggetto scoperto aveva un preciso significato da tutti conosciuto che permetteva ai presenti di ipotizzare come sarebbe stato il nuovo anno per la persona che li aveva scoperti.

La seconda versione invece è presumibile che possa essere un po’ più recente, perché,  la serata si svolgeva in un locale pubblico con un suonatore di fisarmonica che rallegrava l’atmosfera; ad un certo punto i partecipanti si riunivano intorno al tavolo allestito con i dodici piatti sotto ai quali si celavano gli oggetti misteriosi e scoprivano quello davanti al quale si erano disposti.

La terza versione, racconta di una serata danzante durante la quale le coppie che volevano conoscere il loro futuro, dovevano ballare girando intorno al tavolo allestito con i dodici piatti, come nelle altre versioni, e quando la musica si interrompeva dovevano sollevare il piatto davanti al quale si erano fermati. 

I significati erano :

1. vuoto
2. straccio rosso =  superbia
3. soldi = ricchezza
4. spiga = pane
5. anelli = matrimonio
6. croce = morte
7. bambola = nascita
8. farfalla = leggerezza, farfallone
9. paglia = raccolto
10. rosario = pregare
11. chiave = cambiamento di casa
12. carbone = lutto

Tratto da: www.discoveryalps.it

Strìa Gatina

dsc00192.jpgTorna fra Dolcino, il grande eretico del Trecento, ed espugna un simbolo della Controriforma, il sacro monte di Varallo. Per il 700° anniversario della sua estrema resistenza in Valsesia, avvenuta fra il 1305 e il 1307 e finita sul rogo (lui e i Fratelli Apostolici erano chiamati «porcari, guardiani di vacche, cani bastardi, gente che costruisce la Sinagoga di Satana»), il Comune di Varallo Sesia ha deciso di dedicargli una lapide e organizzare nei prossimi mesi, in collaborazione con il Centro Studi Dolciniani, un ampio programma di convegni, spettacoli e incontri. Eresia e stregoneria furono repressioni strettamente collegate, così si comincia il 29 ottobre a Varallo con una lapide per ricordare l’ultima strega trucidata in Italia, la Strìa Gatina, vedova poverissima che nel 1828, a Cervarolo di Varallo, fu accusata di aver lanciato un maleficio e massacrata di botte.

“La lapide sancisce la sua riabilitazione – spiega Corrado Mornese, che al personaggio ha dedicato anni di studi e numerosi saggi – ed è molto importante che un sindaco e un’amministrazione comunale abbiano l’intelligenza e il coraggio di recuperare un patrimonio storico importantissimo, al di là dei conformismi e delle remore che ancora aleggiano su questi temi”. Dolcino e i suoi non erano guerrieri, ma intellettuali, spiega Mornese, e l’accanita resistenza in quelle remote valli, gli scontri e le sofferenze vennero sostenuti dai montanari. Molti storici, compresi quelli marxisti, enfatizzarono il ruolo di Dolcino, ma aldilà delle ideologie i veri protagonisti furono i montanari, la gente semplice, la “nazione alpina” che reagì all’invasione dei crociati in difesa di un’autonomia ottenuta dalla Valsesia già da una trentina d’anni. Il pensiero – con i dovuti distipguo – corre alla resistenza dei catari a Montségur, alle splendide pagine che Simone Weil dedicò alla “Civiltà Occitana”.

Certo, il pensiero di Dolcino influì sulla rivolta: il suo cristianesimo era mite, un sentiero dei semplici antielitario, che esaltava povertà e comunità, rinuncia e sofferenza, il rifiuto del mondo e delle mondanità. Tutte cose che i montanari capivano benissimo: la strada di Dolcino per salire a Dio era quella dei poveri, degli umili che non sapevano di latino, dei rustici privi di beni materiali. La ribellione fu prima di tutto resistenza montanara, non eretica; fu un conflitto armato tra modelli sociali e cristianesimi differenti, alternativi. Uno scandalo attualissimo: perché la sconfitta della montagna, piegata dalla pianura, è anche storia di oggi, sia in termini di risorse che di valori come la parsimonia, il sacrificio, la tenacia e la fatica. Fu un’imposizione di modelli culturali, il trionfo di un modo di intendere la civiltà. Lo prova il modo ossessivo con cui l’Inquisizione, anche molti decenni dopo il rogo di Dolcino, diede la caccia ai suoi seguaci; quel pensiero era penetrato a fondo, aveva fatto strada. “Per compiere l’opera – dice Mornese – per abbattere il mondo da cui era nata l’eresia, un mondo altro rispetto alla città e al potere, bisognava colpire al cuore, nel centro, cioé la donna, cemento della comunità arcaica. “Witch”, strega, nell’inglese antico è “wicce”, “colei che sa”, che conosce i ritmi della natura, che dispensa il cibo, medicine”. La stria Gatina si ribellò al taglio di un grande albero.

Tratto da: laltralanciano.org

21° secolo: la fine del global warming?

7890.jpgIl clima sulla Terra dipende dall’intensità della radiazione solare e da meccanismi interni l’atmosfera, tra i quali: le grandi correnti oceaniche, la copertura nuvolosa e la percentuale di gas ad effetto serra. Quando uno dei principali elementi climatici subisce un mutamento si ripercuote anche sugli altri secondo un principio di ‘azione-reazione’. Ovviamente il sole sfugge a questa regola producendo pesanti cambiamenti all’interno dell’atmosfera terrestre senza subirli. Come molti già sanno l’attività solare ha toccato, tra ottobre 2007 e Aprile 2008, il suo minimo undecennale, che si palesa attraverso una drastica riduzione delle macchie solari (Sunspots). Di norma alla fine di un ciclo i sunspots riprendono ad aumentare inaugurando una nuova fase di crescita; stavolta non solo non si può definire concluso il minimo, ma la reiterata assenza di macchie solari comincia a farsi preoccupante. Alcuni ricercatori affermano che questa stentata ripresa non rappresenti soltanto la fine di un ciclo undecennale, ma che inauguri un possibile minimo a scala secolare. Se a tutto questo aggiungiamo l’ormai imminente raffreddamento delle correnti atlantiche (ciclo AMO) e l’inizio della fase fredda della PDO c’è davvero di che riflettere.

Le possibili variazioni climatiche legate all’anomalo andamento dell’attività solare potrebbero risultare ancor più importanti grazie al contributo di alcune teleconnessioni oceaniche. In questo caso osservati speciali sono la PDO e l’AMO, che stanno per: Pacific Decadal Oscillation e Atlantic Multidecadal Oscillation. Come suggeriscono gli acronimi stessi si tratta di due oscillazioni pluriennali, i cui cicli si alternano, rispettivamente, ogni 20-40 anni (anche se per la AMO questo intervallo non è certo). Tempi sufficientemente lunghi per lasciare il segno sull’andamento climatico globale, sia nelle fasi ‘positive’ che in quelle ‘negative’.

Il caso ha voluto che in concomitanza col minimo undecennale dell’attività solare (ormai più che dodicennale) entrambe le oscillazioni stiano scivolando verso la loro fase fredda. Un abbassamento contemporaneo delle temperature superficiali del Nord Atlantico, del Pacifico orientale e dei mari prospicienti la West Coast potrebbe produrre, entro qualche anno, un importante calmierazione del riscaldamento globale. Questo grazie non solo alle minori temperature di ampie porzioni di oceano, ma anche alla modifica di teleconnessioni decisive come l’ENSO (Nina e Nino) e la Corrente del Golfo. Se nei prossimi anni questo mix di fattori non dovesse imprimire una svolta all’attuale trend termico allora avremo la certezza che i primi responsabili del cambiamento climatico sono i forcing antropici.

Tratto da: 3bmeteo

Attività Solare: ultima chiamata

8647_2.jpgProprio oggi (10 Dicembre ndr) l’SIDC belga ha reso nota l’individuazione di un gruppo di macchie solari in corrispondenza dell’Emisfero Sud. Se l’avvistamento verrà ufficializzato la lunga serie di spottless days cominciata il 17 novembre scorso si interromperà. Una consolazione piuttosto magra se pensiamo che l’attività solare continua a mantenersi su livelli estremamente bassi anziché mostrare netti segnali di ripresa. Nell’ultimo articolo elencammo le proiezioni dei principali enti spaziali mostrando come la comunità scientifica fosse nettamente divisa riguardo l’intensità del prossimo ciclo solare; NOAA, SIDC e Pentiction (Canada) prevedono un’attività decisamente modesta, NASA e IPS, al contrario, puntano su un ciclo 24 molto forte. Il mese di dicembre potrebbe finalmente sciogliere il dubbio, infatti se la media giornaliera di macchie solari dovesse risultare inferiore a quella di novembre l’ipotesi di un ciclo debole diverrebbe la più realistica. Non solo, un nuovo dietrofront aprirebbe le porte ad un recupero estremamente lento che dilaterebbe ulteriormente questo eccezionale minimo solare.

La data odierna potrebbe segnare la fine della lunga serie di spottless days cominciata il 17 novembre scorso. Con i 22 registrati nelle ultime 4 settimane il 2008 straccia il record secolare del 1954, palesando ben 247 giorni senza macchie solari; in pratica per il 72% dell’anno in corso la superficie della nostra stella è rimasta intonsa. Dall’inizio dell’attuale minimo il numero di spottless days ha raggiunto le 495 unità, avvicinandosi sempre di più al record del 16° ciclo, quando il sole rimase privo di macchie per 534 giorni. Il break osservato oggi (10 dicembre ndr) rappresenta una consolazione piuttosto magra se pensiamo all’attività estremamente bassa che continua a contraddistinguere l’astro.

Anziché mostrare netti segni di ripresa, gli indici solari rimangono su livelli da profondo rosso: flusso sotto i 70, venti non oltre i 400km/s e Kp prossimo a zero. Una situazione che, dopo il lieve scatto d’orgoglio fatto registrare in novembre, lascia nuovamente tutti perplessi. Una serie di spottless days di 22 giorni va oltre ogni pessimista previsione, sottolineando ancora una volta l’estrema difficoltà del sole ad uscire da questo infinito minimo. Se il mese di dicembre dovesse chiudere con una media giornaliera di sunspots inferiore a quella di novembre (4.1), interromperebbe bruscamente la lenta ascesa osservata negli ultimi 4 mesi, durante i quali il numero di macchie è costantemente aumentato. Un fatto che ricorderebbe molto da vicino il quadrimestre ottobre 2007-gennaio 2008, quando dopo tre mesi di aumento l’attività solare calò bruscamente.

Se il mese corrente registrasse un dietrofront rispetto a novembre l’ipotesi di un ciclo 24 modesto diverrebbe la più credibile, rafforzando la possibilità di un’entrata dell’astro nel cosiddetto ‘minimo secolare’. Si tratta di una fase caratterizzata da un’attività solare costantemente bassa, caratterizzata da ‘massimi’ estremamente ridotti. L’ultimo ‘minimo secolare’ risale al periodo 1625-1740, quando la Terra si trovò nel pieno della cosiddetta ‘Piccola Età Glaciale’. L’ipotesi viene ulteriormente rafforzata dalle proiezioni (stavolta condivise da tutti) riguardanti il ciclo 25, atteso come uno dei più deboli degli ultimi 150 anni. Previsioni così fosche partono da due dati inequivocabili: 1) tra il 1930 e il 2000 l’attività solare è stata la più elevata degli ultimi 8000 anni. 2) le immense correnti di plasma all’interno del sole si stanno costantemente indebolendo.

Per concludere una battuta riguardante il presente; un dietrofront dicembrino aprirebbe le porte ad un recupero estremamente lento che dilaterebbe ulteriormente questo eccezionale minimo solare. Un fatto che potrebbe avere conseguenze non solo sull’andamento climatico del 2009, ma anche su parte del 2010. Perdere 0.3/0.4Watt a metro quadro per più mesi può, a lungo andare, influire sul clima, specie nelle aree della Terra dove l’irraggiamento annuo produce poche unità energetiche (Poli). A tutto questo potrebbe aggiungersi l’aumento (non ancora del tutto dimostrato), della nuvolosità bassa per effetto della maggior incidenza dei raggi cosmici. Non resta che attendere il 31 dicembre, speranzosi che l’anno nuovo, oltre a fiumi di champagne, porti anche una nuova stagione solare.

Fonte: 3bmeteo

Olio di palma e riduzione della biodiversità

olio-di-palma.jpgCiò che emerge da uno studio internazionale coordinato dall’Università della Danimarca e pubblicato sulla rivista Conservation Biology, è una consistente riduzione della biodiversità nei Paesi asiatici, ad opera delle piantagioni per la produzione dell’olio di palma, che mette in serio allarme diverse Associazioni ambientaliste.
E non solo.
Stiamo assistendo ad una progressiva sostituzione delle foreste pluviali con delle piantagioni da palma, che si riversa sull’ecosistema, danneggiandolo e distruggendo gli habitat di molte specie a rischio di estinzione.
Tra le specie che corrono in misura maggiore questo rischio si può citare ad esempio la Tigre di Sumatra, i cui esemplari sono ormai diventati difficilmente osservabili.
Non trascurabili ed in egual modo importanti, sono gli effetti causati dagli incendi “volontari” provocati per una più veloce deforestazione delle aree d’interesse, ed il problema delle emissioni di quantità considerevoli di gas serra che ne consegue.
Tali problematiche presenti nel Continente asiatico, colpiscono in particolar modo Indonesia e Malaysia, che contribuiscono all’85% della produzione mondiale di olio di palma.
L’associazione ambientalistica Greenpeace ha denunciato più volte questa situazione, chiedendo di porre fine alla distruzione delle ultime foreste indonesiane.
Siamo di fronte alla distruzione di uno dei più importanti polmoni verdi del Pianeta.
L’olio di palma trova tra i suoi principali utilizzi nell’industria cosmetica e dolciaria ( quest’ ultima in particolare per la produzione di farciture a base di cacao).
Contribuiamo a questo scempio anche solo acquistando prodotti che lo contengano al loro interno. Quello che possiamo fare è controllare bene l’etichetta di un prodotto prima di acquistarlo.
L’olio di palma viene inoltre impiegato come biocarburante, ed è considerato una forma di energia “pulita” anche se in realtà i troppi effetti “collaterali” derivanti dalla sua produzione (distruzione di foreste, produzione di gas serra) non ne permettono la completa classificazione come tale.
Recentemente si è assistito ad una prepotente diffusione delle piantagioni di palma da olio anche in Africa, in particolar modo in Uganda e Costa d’avorio, mettendo così a serio rischio anche importanti ecosistemi tipici di quelle regioni forestali.
Da non dimenticare che le foreste di cui stiamo parlando sono tra le principali “fabbriche di ossigeno” sulla Terra.

Per saperne di più:
http://www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/olio-di-palma.pdf

Fonte: Gravità-Zero