Bodhidharma

6a00d8341c3e6353ef00e54f2401c88833-800wi.jpgBodhidharma, si dice diede il via allo Zen, portando il Buddhismo dall’India alla Cina, verso il 500 d.C.. Sicuramente il suo insegnamento fu molto particolare, poca filosofia, poche parole ma con grande effetto (quello che poi sarebbe diventato la disciplina degli Haiku, le poesie giapponesi ‘risveglianti’). Si dice anche abbia fondato il monastero Shaolin e lo stile di kung fu omonimo, sicuramente vi passò diverso tempo meditando. Questo dice la leggenda, riguardo il suo allievo Huìkě, desideroso di apprendere la Via, ma ignorato da un Bodhidharma in meditazione:

« Mentre il fondatore [Bodhidharma] era seduto in meditazione davanti al muro.
Il suo successore [Huike] era in piedi nella neve.
Si tagliò un braccio e disse: “La mia mente non è pacificata. Per favore pacifica la mia mente”.
Il fondatore disse: “Portami la tua mente e io la pacificherò”.
Il successore disse: “Ho cercato la mia mente e non l’ho trovata”.
Il fondatore disse: “Ho pacificato la tua mente . »

Si dice anche portasse con sè soltanto una copia del Lankavatara Sutra, asserendo che fosse l’unico testo di cui si poteva aver bisogno. La dottrina di Bodhidharma è una non dottrina, assolutamente essenziale, ed è quella che preferisco in modo particolare, con la quale mi sento in sintonia. In sostanza siamo già perfettamente realizzati, non occorre cercare o studiare nulla, anzi questo genera desiderio e attaccamento che portano alla sofferenza. Ogni azione quotidiana è la pratica della via, compiuta con ‘distacco’, mantenendo in equilibrio istinto e razionalità, diventando la cosa stessa che si fa, come se il sè, il soggetto praticante, non esistesse. La meditazione è la più semplice possibile, si prolunga l’intervallo che esiste tra un pensiero e un altro, come ho già detto, finchè il flusso dei pensieri scompare con naturalezza, la mente cessa di esistere e rimane la coscienza divina, da contemplare con estasti e da compartecipare; le difficoltà iniziali si possono superare focalizzando l’attenzione solo sul respiro, che ci collega alla vibrazione dell’universo e dell’energia del quale è composto. E’ la stessa cosa che si fa nelle azioni quotidiane (alcuni lo chiamano Yoga dell’azione), col risultato di ottenere una visione chiara, non disturbata da ansia, fatica, pregiudizi nè frenesia, troppo coinvolgimento, troppo entusiasmo…

Mente in meditazione

auroraborealisws4.jpgCosa dovremmo “fare” con la mente durante la meditazione?
Assolutamente nulla. Lasciamola, semplicemente, così com’è.

Un Maestro descrisse la meditazione come:
“Mente, sospesa nello spazio, in nessun luogo”.

Sogyal Rinpoche

Spesso si crede di dover apportare o togliere qualcosa,
di dover raggiungere un preciso fine,
come se il meditare fosse un lavoro di indagine
nel quale portare modifiche a quanto sia presente,
non accetto e da rigettare. Oppure come se fosse
un percorso a tappe dopo del quale si possa conseguire
un premio del quale fare mostra.
Nessun fine va cercato, nessuna ricerca particolare
se non quella del silenzio e della calma per scivolare nell’assenza di percorso.
Solo in questo modo ci si riempie di un vuoto
che è la pienezza stessa della nostra attenzione.

Poetyca

Fonte: Bodhidharma