Cavolo cappuccio

46W.jpgIl cavolo cappuccio è una pianta biennale della famiglia delle Brassicaceae (di cui fanno parte anche cavolfiori, broccoli e cavolini di Bruxelles), caratterizzato dal fatto che verso il termine dello sviluppo, nel primo anno di coltivazione, al giungere del fresco forma una palla con le foglie intorno al germoglio centrale, che l’anno successivo svilupperà il fusto, il fiore e i semi.
Pare abbia origine dai suoli calcarei intorno allo stretto della manica, soprattutto nella francia del nord, dove cresce spontaneo.
Il cavolo cappuccio contiene elevati livelli di antiossidanti, vitamina A, B1, B2 e C (alcune di queste soprattutto nelle foglie più esterne) oltre modeste quantità di proteine e glucidi (oltre a calcio, fosforo e potassio); la cottura prolungata tuttavia può distruggere buona parte dei nutrienti.
Alcuni nutrienti del cavolo-cappuccio potenziano le difese organiche, sono utili nelle infiammazioni delle vie respiratorie, nelle sindromi artrosiche, nelle gastriti, nelle ulcere gastriche e duodenali, nelle coliti ulcerose e negli stati di affaticamento.

Propongo ora due ricette per le quali si possono usare le foglie esterne del cavolo, quelle che non formano la palla; il cappuccio risulta ottimo se consumato come normale insalata, tagliato a pezzettini.

Ricetta di mia invenzione
Lavare e tagliare a pezzettini le foglie esterne, facendole cuocere con poca acqua, indicativamente tre o quattro bicchieri per 4 o 5 foglie grandi, a seconda che si preferiscano le foglie più o meno al dente. Aggiungere qualche seme di finocchio e una spuzzata di Rafano grattuggiato. Non buttare l’acqua di cottura, ma lasciare che si asciughi, quindi aggiungere cipolla, sale e un goccio d’olio e far saltare a piacere.

Ancora meglio…
Far bollire dei fagioli e scolarli. Far saltare in padella il cavolo cappuccio tagliato a pezzettini per 5 minuti con un goccio d’olio e un po’ di cipolla e aglio. Aggiungere mezzo bicchiere d’acqua per ammorbidire, una volta asciutta aggiungere i fagioli e un po’ di pomodoro (salsa o pomodorini) e far saltare a piacere.

Cappuccio alla vicentina
Lavare bene e tagliare grossolanamente il cavolo cappuccio; prendere quindi un grosso tegame e far rosolare in olio e burro la cipolla tritata, l’aglio e la pancetta tagliata a dadini.
Unire ora il cavolo cappuccio, salare, pepare e far cuocere lentamente a tegame coperto per 45 minuti.
Di tanto in tanto mescolare e, se necessario, aggiungere del brodo.

Ingredienti e dosi per 4 persone
  • 1800 g di cavolo cappuccio
  • 1 cipolla
  • 1 spicchio di aglio
  • 1/2 mela renetta
  • 100 g di pancetta
  • Olio d’oliva
  • Burro
  • Sale
  • Pepe

Marmellata di Rabarbaro e Sambuco

marmellata316.jpgIngredienti

  • 500gr gambi di rabarbaro
  • 500gr bacche di sambuco
  • 1 limone
  • 450gr zucchero

Ricetta
Togliere i filetti dai gambi del Rabarbaro (come si farebbe con il sedano), lavare, tagliare a pezzi.
Sciaquare le bacche di sambuco.
Mettere in petola assieme al Rabarbaro in proporzioni uguali.
Aggiungere succo di 1 limone ogni pentola grande.
Cuocere 10 minuti, lasciar intiepidire, frullare.
Rimettere al fuoco con 450 gr. zucchero per Kg. di frutta. (io uso zucchero di canna).
Assaggiare e creare il grado di dolcezza voluto.
Sobbollire una mezz’ora o più fino a densità voluta.
Invasare subito, chiudere, capovolgere i vasi e lasciar raffreddare.

Pane casalingo

pangemma.JPGPosto la ricetta per farsi il pane in casa, segnalata da un amico.
Ecco come facciamo il pane a casa. Ovviamente usiamo una di quelle macchine che fanno tutto da sole:

300gr di farina 00
100gr di farina di grano duro (Si può anche fare 200+200grammi, ma così non dura più di 24 /36 ore, poi è troppo duro)
100gr di cereali: orzo, riso, farro. Crudi o precotti, tanto cuociono comuque. Se ne possono mettere anche due/tre insieme, basta non esagerare con la quantità complessiva. In alternativa, 50gr di malto in polvere ma è difficile da trovare.
30gr di fiocchi di mais (corn flakes o special K)
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di zucchero
1 cucchiaio di lievito secco o 15gr di lievito fresco

Metti il lievito in un bicchiere assieme allo zucchero, riempi con 200gr di acqua calda (37/40 gradi). Mischia bene e lascia lì per qualche minuto. Lo zucchero serve per ravvivare meglio il lievito che ha qualcosa da mangiare e, quindi, lievita meglio.

Nel frattempo metti tutti gli altri ingredienti nella macchina.
Versa l’acqua col lievito e avvia la macchina. Se serve, aggiungi altra acqua fino a quando non si forma una bella palla di pasta.

Aspetta che sia pronto. Lascialo raffreddare per almeno 30 minuti nella macchina e poi si può mangiare. Troppo caldo non è buono.

Sidro

sidro.jpgIl sidro è una bevanda alcolica prodotta dalla fermentazione delle mele. Ha sapore dolciastro/amarognolo e può raggiungere dai 4 ai 7 gradi alcolici.
E’ una delle bevande più diffuse nei paesi dell’area celtica, dall’Irlanda alla Normandia, i maggiori produttori sono la Bretagna e le Asturie.
In Asturia le prime testimonianze scritte su produzione, consumo e trasporto di sidro risalgono al 790 d.C. circa.
Dopo la raccola le mele vengono lasciate macerare. Successivamente si passa ala torchiatura, ai travasi e alle scremature. A questo punto sono passati circa due giorni dal momento della raccolta e si ottiene già un liquido giallo paglierino ancora torbido che viene travasato in grossi tini aperti dove avviene la fermentazione.
Dopo la torchiatura, il liquido viene travasato in botti solitamente di castagno. I differenti materiali usati nelle varie fasi di lavorazione insieme a essenza e età delle botti, determinano colore, aroma e sapore del sidro prodotto.
Bere sidro, nella cultura dei paesi di influenza celtica, è un rito collettivo, un rito del bere che viene rinnovato durante le feste tradizionali e popolari così come nelle sidrerie di ogni città o villaggio tutti i pomeriggi quando, dopo la fatica del quotidiano, ci si ritrova insieme agli amici e alla famiglia a bere una bottiglia di idromele.
Oggi in commercio si trovano diversi tipi di sidro: il sidro dolce, poco alcolico, molto spumeggiante, dal sapore fruttato, si accompagna abitualmente ai dolci; il sidro secco, meno gasato, si accompagna a pesce e pollame; infine il sidro tradizionale, amarognolo, più alcolico, si può servire anche con formaggi stagionati e saporiti.

Ecco una ricetta per poter fare l’idromele in casa, in modo semplice.
Occorrono almeno 2 kg di mele, in genere si usano le renette o le mele cotogne.

  • Laviamo e, senza sbucciare le mele (la buccia contiene il ‘lievito’ che permetterà la fermentazione), le tagliamo in grossi pezzi e le mettiamo in una grossa terrina di coccio, dobbiamo spappolarle con un pestaio.
  • Mescoliamo la purea ottenuta con 10 litri di acqua tiepida (per 4 Kg di mele, altrimenti si va in proporzione) mescolando per bene.
  • Copriamo il tutto con un canovaccio da cucina e la lasciamo fermentare per 6-8 giorni, finchè non ci sarà più schiuma in superficie, ricordandosi di mescolare o agitare di tanto in tanto.
  • Travasiamo il liquido in un altro recipiente pulito (questo chiudibile ermeticamente) e lasciamo di nuovo riposare per 6-8 giorni, a contenitore aperto (ideale sarebbe una botte di legno, possibilmente di castagno).
  • Chiudiamo ermeticamente il contenitore e lasciamo riposare, stavolta la fermentazione dovrà durare due mesi.
  • Decorso questo tempo non ci resta che filtrare il sidro, stando attenti a non smuovere il fondo che si è intanto formato.
  • Imbottigliamo e gustiamo.

Marmellata di frutti di Sambuco

1 kg di bacche di sambuco, 1 kg di mele, scorza e succo di limone, 1 kg di zucchero.

Mettere le mele tagliate a dadini e con la buccia, e le bacche di sambuco, private dei peduncoli, in una casseruola coperta e farli bollire; passare quindi tutto al setaccio; unire lo zucchero ed il limone e rimettere sul fuoco, a fiamma bassa. La marmellata e’ cotta quando una goccia, essa su un piatto freddo, si rapprende subito. A questo punto invasare in barattoli di vetro, quindi sterilizzare il tutto.

Infuso di Betonica

0eee1fb0cd4a0caea6ab6477987de983.jpgSi utilizzano le foglie e i fiori, le sostanze presenti sono : tannino, stachidrina, colina, betaina.
Proprietà medicinali: astringenti, digestive, anticefaliche, antiinfiammatorie, vulnerarie e sedative in generale.
Si prepara come infuso o estratto fluido ed è utile per raffreddori di testa (la polvere di betonica se aspirata fa starnutire). Ha una azione specifica nelle cefalee. Inoltre è cicatrizzante, per uso esterno. E’ valido anche per chi ha problemi di eliminazione degli acidi urici.
Si raccoglie a Febbraio, Marzo o Aprile, appena fiorisce o durante la fioritura.
Il problema dell’uso della Betonica è che ne esistono alemno una sessantina di varietà, difficili da distinguere una dall’altra, anche se più o meno tutte hanno proprietà simili; tuttavia la Betonica officinalis è più alta e presenta fioriture più estese lungo il gambo.

Personalmente non l’ho ancora provata, ma siccome sembra efficace contro i mal di testa, problema che mi affligge ogni tanto, vi farò sapere. 

La betonica è anche utilizzata in fumigazione contro le infezioni delle vie respiratorie e l’enfisema.
In passato era usata al posto del tabacco.

Curiosità

  • Nel Medio Evo, e prima ancora in Egitto, si attribuivano alla nostra pianta poteri magici e si usava per curare qualunque male.
    La pianta (data la sua popolarità) ha originato nel tempo diversi modi di dire; nel Veneto, ad esempio si usa la frase “Conosciuti come la betonica” per indicare qualcosa che è sulla bocca di tutti. Oppure il proverbio “Utile come l’erba betonica” per indicare qualcosa impiegabile per parecchi usi.
  • La betonica era una della molte piante usate dalle donne che poi furono chiamate streghe: i suoi molti usi terapeutici la fecero diventare simbolo di chi sta sempre in mezzo e vuol sapere tutto.
  • Betonica, dal latino vere tonica, veramente tonica, con allusione alle proprietà della pianta; secondo Plinio deriverebbe da Vettonica, per il suo impiego presso i Vettoni, abitanti dell’antica Lusitania.
  • Antonio Musa, medico di Augusto, dedicò un libro alla pianta: De Vetonìca libellus, nel quale la segnalava utile in 48 malattie. Fu più discreto Apuleio Platonico che nel De viribus herbarum, le assegnava 35 indicazioni.
  • Testimonianza della fama goduta dalla pianta sono alcuni proverbi e modi di dire: «Di quegli uomini che sanno tutto, che fanno tutto, che si cacciano dappertutto, e che hanno faccende con tutti si diceva: conosciuti come la Betonica; di una cosa utile a diversi usi, giovevole in molte bisogna, si faceva l’elogio col dire che aveva più virtù della Betonica; ed a mostrarne il pregio e l’importanza si consigliava: vendi la tonica e compra la Betonica».9de45851f99e475c605fab116e3b7606.jpg213f091a2662346f7265c5b4e73e95c0.jpg

Infuso di Licheni

aba3ab45ea8dc14952f9799d8f776f1e.jpgIn caso di forte raffreddore e tosse persistente, oppure nei casi di debolezza generale, cattiva digestione, dissenteria cronica, febbri intermittenti, enterogastrite cronica, gastrite catarrale: una manciata di lichene in un litro d’acqua, far bollire per mezz’ora, filtrare e addolcire.

Nei casi più lievi, buttare l’acqua della prima bollitura (che risulta piuttosto forte) e riutilizzare gli stessi licheni in un altro litro d’acqua sempre per mezz’ora. L’effetto è quasi immediato: decongestiona ogni mucosa e favorisce così l’eliminazione di muco e catarro.

Curiosità
I licheni sono organismi originati da una insolita quanto ben riuscita simbiosi tra un fungo e un’alga.
Esistono vari tipi di Lichene, i più comuni e più adatti all’uso tramite infuso sono della specie Cetraria Islandica, come si vede nelle foto, ma esistono anche licheni senza sviluppo aerale che crescono a diretto contatto con le pietre, chiamati crostosi, vedi foto sotto.

I licheni sono considerati oggi dei preziosi indicatori della qualità dell’aria in quanto sono organismi sensibili agli nquinamenti atmosferici in quanto assorbono direttamente le sostanze a loro necessarie dall’atmosfera. I licheni vennero utilizzati da quasi tutte le popolazioni dell’antichità soprattutto come risorsa d’emergenza in caso di carestia (es. succedanei della farina dicereali). I licheni vengono anche impiegati come addittivi nell’industria profumiera e cosmetica.

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